martedì 19 agosto 2008

Vi presento

"David e Gionata"

Davide e Gionata (o per meglio dire David e Jonathan) fanno parte della storia della cultura ebraico-cristiana. Davide è nientemeno che il secondo re d'Israele per volere di Dio, dopo Saul mentre Gionata è il figlio di quest'ultimo nonchè "caro amico" di David. Le gesta del re David sono narrate nell'antico testamento, più precisamente nei libri del profeta Samuele. Proprio il secondo libro si apre con uno dei testi più toccanti: il lamento di David sulla morte di Saul e di suo figlio Gionata, colui che più di tutti fu amato da David. Nel primo libro viene sancito questo rapporto che ai nostri occhi pare qualcosa che va oltre la semplice amicizia cameratistica tra soldati. Vi riporto i passi più significativi

« Da quel momento Gionata, figlio di Saul, si sentì legato a Davide da una grande amicizia, lo amò più di un fratello » (1 Samuele 18,1)

« Per me il tuo amore era dolce più che l'amore di donna. » (2 Sameuele 1,26)

Vi consiglio di leggere il testo per intero per avere una visione globale della vicenda. Ovviamente sarebbe opportuno leggere più testi ed evitare il più possibili le interpretazioni (che si sprecano, visto anche l'argomento trattato!) ma è un lavoro lungo e, diciamocela tutta, sarebbe una grande perdita di tempo (se non siete teologi o non avete il pallino della storia delle religioni). Se comunque volete saperne di più nel modo più veloce possibile c'è sempre wikipedia (n.b: il link vi rimanda a un articolo riguardante il rapporto tra omosessualità e cristianesimo e solo marginalmente si parla della vicenda di David e Jonathan!)

Ma torniamo al quadro. Più che una citazione bibblica la mia voleva essere una provocazione (come al solito, dirà qualcuno!). Le interpretazioni sulla vicenda sono tantissime e, soprattutto in questo periodo storico, sono volte da un lato a confutare ogni possibile riferimento ad un amore tra uomini (con l'appoggio totale di Dio) e dall'altro vogliono avvalorare l'ipotesi di questo sentimento ed è vero che troppo accanimento da ambedue le parti, porta lontani dalla verità storica. A me non interessa schierarmi da nessuna delle due parti (anche se continuo a pensare che l'amore -platonico? passionale?- tra uomini c'era anche all'epoca dei grandi divieti divini), o solo preso spunto dalla radice fondamentalista della nostra cultura cristiana (l'antico testamento) per esprimere un concetto (che poi è sempre lo stesso): l'amore e l'istinto vanno oltre i mascheramenti. Ho citato i personaggi, li ho spogliati delle vesti storiche, li ho estrapolati dal contesto (considerateli come una specie di "ready made") e li ho ricontestualizzati nell'ambito delle gerarchie cattoliche. Da un lato l'uomo con i suoi impulsi, dall'altro il simbolo descritto dall'abito e dai monili sacri. L'istinto occultato da una veste ma non estinto. L'uomo (inteso come essere umano) non può andare troppo contro il proprio istinto naturale, può arginarlo, può negarlo, ma non può diventare altro da ciò che è! Ed è il sentimento che ne deriva ad essere davvero sacro e dignitoso. Prendere coscienza di ciò che si è e mostrarsi al mondo senza travestimenti inutili e certamente più difficile che negarsi per vivere "come-(un)-dio-comanda".

pittura acrilica e spray su tela (70x100).

"Distimìa"

Distimìa o disordine distimico. Dal dizionario della lingua italiana De Mauro:

distimìa s.f.TS psic., alterazione persistente dell’umore e dell’affettività in senso depressivo

E' considerato come un disturbo depressivo minore nel senso che comporta minori problemi nel quotidiano. L'attività lavorativa e i rapporti sociali non subiscono apparentemente compromissioni e il soggetto affetto da questo disturbo è portato a confondere quest'ultimo con l'indole del suo carattere o a considerarlo come l'effetto di un periodo difficile. In questo senso è molto subdolo. Viene scambiato per la classica ribellione giovanile, per pigrizia, per mancanza di ideali. E nel frattempo tutto diventa scuro. Tutto è nero. Il soggetto affetto da DD non è nuovo a pensieri di disperazione e talvolta pensa al suicidio. Non riesce a raggiungere la serenità, è trattenuto da qualcosa in una culla di catrame. Vorrebbe uscire ma è troppo difficile.
La sensazione costante che ogni sforzo è vano, la consapevolezza del fallimento, il senso di colpa. Un momento di stress che non cessa. Il bisogno di una mano tesa ma l'incapacità di chiedere aiuto.

Fondo preparato con sabbia e pittura acrilica su tela + fil di ferro