mercoledì 17 novembre 2010

Arte....sociale...

Esiste davvero un'arte che possa essere ritenuta sociale?
I maestri del 1800 ci hanno insegnato molto sull'arte di denuncia, su quel modo di Fare Arte, cioè, che mantiene un occhio di riguardo sulle problematiche del proprio tempo.
La scuola realista in particolare (i mastri Courbet , Millet e Daumier su tutti), ma non solo (i puntinisti come Pellizza da Volpedo, personaggi unici come Vincent Van Gogh o addirittura Picasso), hanno "dato alla luce" capolavori che sono veri e propri esempi di come anche l'arte visiva, in questo caso particolare la pittura, abbia una grande forza sociale. Tale forza sta nella comunicazione che manda.
Oggi questa comunicazione è stata soppiantata da altri mezzi più immediati, più diretti e più democratici, che sono i mezzi di stampa e le telecomunicazioni.
Questi sono i primi comunicatori alla società e come tali hanno un certo obbligo morale nei confronti della stessa, che rispettano parlando alla Società denunciandone i problemi.

L'arte visiva, quindi, sembra esonerata da questo obbligo.
In realtà, l'anima "realista" (nella sua accezione artistica storica) non si è mai esaurita, ha trovato nuovi adepti e nuove forme di rappresentazione (fotografie, installazioni e sculture in primis).

il mio operato non può essere minimamente sperare in un confronto con i nomi fatti sopra (e nemmeno a quelli sottintesi), e non li ho nominati per competervi. Questa è comunque l'introduzione a due miei lavori...

Relatively Lucky/Unlucky


dimensioni: 50 x 70 cm
supporto: cartoncino tipo bristol
tecnica: mista (carboncino su carta pane + collage)
anno:2010

Il ritratto sofferente di un bambino africano su un pezzo di carta che ha la forma del continente che l'ha visto nascere, è incorniciato (o meglio circondato) da immagini fotografiche che riportano due realtà: quella di un mondo definito "sviluppato"e uno ritenuto "sotto sviluppato".
Ma se queste immagini vengono guardate con più attenzione, ci rendiamo conto che la nostra idea di sviluppo è assolutamente distorta




Come può ritenersi sviluppato, evoluto un mondo come il nostro, in cui sputiamo sulla Terra che ci ospita e ne sprechiamo le risorse?
E' davvero sviluppato il nostro mondo, se per intrattenerci osiamo scimmiottare le condizioni di precarietà tipiche del mondo ritenuto da noi sottosviluppato?
Il titolo, inoltre, vuole spingere lo spettatore ad un'ulteriore considerazione: si parla di fortuna e di sfortuna, due condizioni assolutamente relative!
Ciò che per noi può essere definita "sfortuna", per alcuni potrebbe essere definita un'immensa fortuna.
Mi preme sottolineare che la citazione a due delle piaghe occidentali per antonomasia (obesità e anoressia) non è fatto con tono accusatorio nei confronti di chi soffre di questi mali; è solo una considerazione basata sulla realtà dei fatti: da un lato la povertà più estrema costringe intere popolazione alla fame/ dall'altra, fattori che sono ancora oscuri per il 70%, hanno causato l'insorgere dei cosiddetti DAP, disturbi alimentari psicogeni o comunemente detti disturbi del comportamento alimentare.

La tecnica utilizzata è mista: grafite, creta bianca e vinavil su carta pane per il ritratto del bambino e collage su cartoncino tipo bristol per il fondo.

Cambiando argomento, ecco un'altro quandro

BURMA



Protagonista indiscussa di questo elaborato pittorico è naturalmente Aung San Suu Kyi, il suo stato di prigionia e il desiderio che mezzo mondo ha espresso di vederla libera. Finalmente, dopo ben 20 anni di prigionia la leader della Lega Nazionale per la Democrazia in Birmania e del movimento non-violento è stata liberata.

L'opera avrebbe potuto chiamarsi “Aung San Suu Kyi”, ma ho preferito chiamarla Burma (Birmania) perchè la sua lotta è anche la lotta di un'intera nazione che vorrebbe riacquistare il suo nome (ora è Myanmar) e la libertà dal regime militare di Than Shwe. Per ora Aung San suu Kyi ha riottenuto la libertà ma non si può dire lo stesso per il suo popolo.


Il pannello dorato schizzato da una macchia rossa rappresenta la situazione attuale: un paese (e una donna) segregato sotto la cui tirannia sono compiuti tuttora i più svariati crimini. Il pannello rosso invece è la speranza che prima o poi questa tirannia venga letteralmente spazzata via.
I frammenti di vetro citano una frase di Aung San:

“Le schegge di vetro, le più piccole con la forza tagliente e luccicante di difendersi contro le mani che cercano di frantumarle, possono essere indispensabili per chi vuole liberarsi dalla morsa dell'oppressione.”



Proprio queste schegge sembrano tranciare via la rete metallica che imprigiona tutta l'opera, partendo dal pannello in basso, dalla parola FREE, arrivando ad intaccare la prigionia di Aung San, come è poi avvenuto.
E pensare che, quando ho realizzato questo quadro (quest'estate), era ancora agli arresti domiciliari...


La tipologia di colore utilizzato è acrilico per quanto riguarda la tela e il pannello in basso; il fondo dorato del primo pannello invece è stato realizzato mediante l'utilizzo di uno smalto speciale dall'effetto dorato simil-cromato spray.
Gli altri materiali utilizzati sono: la rete metallica, pezzi di vetro, colla vinilica.
Il ritratto è stato realizzato utilizzando esclusivamente due toni: il rosso e il blu, i colori della bandiera del Myanmar.

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