Mentre concludo la progettazione grafica per pubblicizzare "Soldati", vorrei cominciare a parlarvi di alcune opere che saranno esposte. Comincio da quelle che probabilmente già conoscete e che quindi non sono inedite.
Comincio con "Lui" perché, nonostante la mostra giri al largo dal concetto di guerra e di soldato in senso letterale, vorrei precisare le motivazioni che mi spingono ad inserire due elaborati che, in un certo senso, parlano proprio degli effetti di questi conflitti.
Partiamo dal principio. Vi presento: Mare Nostrum.
Questo elaborato nasce nel giugno del 2013.
Il supporto utilizzato è senza ombra di dubbio materiale di recupero: si tratta infatti dell’anta di un mobile antico, recuperato tra i rifiuti.
La forma del supporto è stata fondamentale per l’ideazione del dipinto.
L’impatto visivo racconta una storia molto triste: c’è una porta che sembra affacciarsi sul fondo del mare. Dall’oscurità bluastra sopraggiunge un uomo dalle caratteristiche somatiche africane il cui abbigliamento ricorda le tuniche Masai, ma è difficile dirlo dal momento che è immerso negli abissi. Le bolle che aleggiano attorno a lui, che gli escono dal naso, costituiscono la certezza che si tratta di una persona sott’acqua, la cui vita è indubbiamente a rischio. Nonostante questo non c’è terrore nei suoi occhi ma soltanto una ferma rassegnazione. Guarda oltre la porta come se volesse incontrare lo sguardo di chi assiste. Non sorride. Poggia una mano sul vetro della porta: il palmo è sporco di sangue e sembra che esso sgorghi proprio dalle membra dell'uomo. Ad una occhiata più approfondita ci si rende conto che quell'impronta e quel sangue sono sul lato del vetro rivolto verso chi guarda.
I colori del Masai si confondono con quelli del fondo del mare, profondo, la cui oscurità sembra voler inghiottire tutto. La luce promana dall’alto, lontana, indice anch’esso che si tratti del fondo del mare. La pittura è data a velature ma, al contrario di molti altri dipinti, non c’è traccia del fondo del supporto: l’idea che si cerca di rappresentare è quella di trovarsi davvero di fronte alla porta nel Mar Mediterraneo.
La mano insanguinata è uno dei punti focali della comunicazione. Si tratta di sangue che cola, quindi la logica vuole che non possa essere stato lasciato dalla mano del Masai appoggiata al vetro. Infatti, il sangue non è dalla sua parte. Qualcuno, con le mani insanguinate ha appoggiato la mano sul vetro, in concomitanza della mano del Masai e se n’è andato, lasciando l’africano infondo al mare. La mano sporca di sangue è quella dell’uomo occidentale; è la nostra mano ad essere sporca di sangue e di chi sia quest’ultimo non è dato saperlo. Di certo, alla luce di ciò che accade oggi, dalle notizie degli sbarchi di migliaia di disperati alle stragi perpetrate in medio oriente e nel continente africano , il riferimento della colpevolezza occidentale sembra lampante. Non è dato saperlo, in ogni caso: ognuno di noi ci vedrà quello che crede.
La citazione alla cultura Masai è strumentale: non sono pervenuti casi di tribù che siano scappati in massa dalle loro terre ma mi serviva qualcosa che definisse il mondo africano al di là dell’immaginario offerto (imposto) dai Media. Avrei voluto creare un vero guerriero Masai, ma non avrebbe dato la stessa impressione, così ho deciso di accennare soltanto un abito tradizionale, privo di monili.
“Mare Nostrum” è la nomenclatura latina che ha definito il Mar Mediterraneo in epoca Romana, durante il Risorgimento italiano e ripreso poi dal fascismo di Mussolini.
Per anni abbiamo assistito agli sbarchi clandestini sulle coste europee, in particolare sulle coste greche, maltesi e italiane. All’epoca del dipinto migliaia di disperati avevano già tentato la traversata dalle coste nord africane verso zone considerate più sicure e Lampedusa cominciava a guadagnarsi, suo malgrado, l’attenzione del mondo.
Ho dipinto questa porta del mare nel giugno del 2013 per un concorso a cui non ho mai partecipato. Il titolo e il tema di questo concorso era “Mare Nostrum” ed ho quindi deciso di utilizzarlo come titolo del dipinto in questione. La tragedia nei mari si stava già compiendo.
Ad ottobre dello stesso anno, la realtà, terribile, ha deciso comunque di superare la mia fantasia: 500 persone inghiottite dalle acque, 366 i cadaveri recuperati nel canale di Sicilia, la strage più pesante dal dopoguerra e dopo tre anni non cessa di mietere vittime.
(cfr. "Redemption: Arte. Interpretazione. Etica". Cap 3 "Critica e analisi della Società")
Ebbene, "Soldati", come già anticipato nella presentazione, parla di noi che, nonostante il periodo di pace in cui viviamo (o forse proprio a causa di questo), proviamo continui conflitti interiori ed esteriori, "guerre" contro il sistema e la Società, contro il giudizio spesso aspro degli altri. Inserire elaborati come "Mare Nostrum" ha l'esatto scopo di ridimensionamento come a dire "non dimentichiamoci di chi ogni giorno subisce la disgrazia del nostro Tempo".
sabato 28 gennaio 2017
mercoledì 25 gennaio 2017
Si sta come d'autunno...
"Life is War"
Vino e china su tela
50x70
Senza andare minimamente a sfiorare quelle che sono le guerre reali o avere la pretesa di universalità, credo seriamente che ognuno di noi, nel mondo, combatta una guerra personale. Ogni giorno.
Che sia contro il sistema, contro la crisi economica e di valori o semplicemente contro sé stessi, ognuno di noi si impegna per qualcosa e letteralmente combatte contro qualcosa.
L'idea di "Soldati", la mostra che avrò il piacere di realizzare, ruota proprio attorno a questo concetto.
"Life is War" è il visual della comunicazione pubblicitaria dell'evento e può avere diverse chiavi di lettura. Una fra tutte: rimanda alla mia precedente produzione (l'utilizzo delle colature) e anticipa il nuovo stile, oltre al tema della mostra.
In questo elaborato si palesa un intento citazionistico e ricorda un celebre ritratto fotografico scattato da Horst Fass, "War is Hell", ma mentre lo scatto si riferisce ad una guerra reale, quella nel Vietnam degli anni '60, "Life is War" parla non di una guerra ma di ogni conflitto interiore: siamo tutti soldati nella nostra guerra personale. La citazione è nascosta proprio nella frase scritta sull'elmetto: nell'originale "War is Hell" mentre qui "Life is War", il che può semplicemente significare che per qualcuno tutta la vita sia un inferno oppure che per quanto sia un inferno si tratta comunque dell'unica vita di cui disponiamo.
"Life is War" ha la pretesa di essere un monito alla moderazione dei giudizi personali nei confronti degli altri: non ci è dato sapere quale tipo di guerra stia combattendo il nostro prossimo, né quale inferno stia passando...
martedì 24 gennaio 2017
Gli stop servono a ripartire
Di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia dall'ultima volta che ho aggiornato questo blog: da allora ho rivoluzionato me stessa e, naturalmente, anche la mia strada creativa ha subito un profondo mutamento.
Dopo il classico blocco creativo che consegue ad una laurea (e soprattutto alla stesura della tesi), sono riuscita a sistemare alcune cose e a "correggere il tiro". Sperimento tanto e per inaugurare un nuovo ciclo ho deciso di buttarmi in un'impresa davvero impegnativa: una mostra personale al Palazzo di Città di Cairo Montenotte, dove sono cresciuta e dove continuo ostinatamente a vivere.
Il mio stile pittorico sta chiedendo nuove sfide e un cambiamento di direzione è d'obbligo, anche se non abbandono il figurativo e la rappresentazione della figura umana: ho scelto di eliminare alcuni elementi tra ciò che è sempre stato il mio stile a favore di uno mood più grafico. L'elemento che cambierà sarà ciò che ho sempre definito "la mia firma", non perché avessi la pretesa di maternità o l'esclusiva ma soltanto perché accompagnava ogni mio lavoro e definiva una certa atmosfera nei miei quadri: le colature.
Ho deciso di rinunciare a questo elemento soprattutto per identificare meglio la mia produzione rispetto ad altri acquarellisti.
Manterrò alcune opere della vecchia direzione e, in particolare, ne utilizzerò alcune proprio per rendere visibile il cambiamento.
Utilizzerò la personale che sto preparando come presentazione della mia nuova direzione stilistica.
Non ho nessuna pretesa di poter definire il mio percorso come consolidato perché so di essere ancora in via di sperimentazione. Tuttavia, comincio a delinearlo... Sarà la maturità? :)
In questo momento dovrei essere emozionata all'idea di questa esperienza ma la verità, cruda, è che non me ne sto ancora davvero rendendo conto....
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