sabato 28 gennaio 2017

MARE NOSTRUM

Mentre concludo la progettazione grafica per pubblicizzare "Soldati", vorrei cominciare a parlarvi di alcune opere che saranno esposte. Comincio da quelle che probabilmente già conoscete e che quindi non sono inedite.

Comincio con "Lui" perché, nonostante la mostra giri al largo dal concetto di guerra e di soldato in senso letterale, vorrei precisare le motivazioni che mi spingono ad inserire due elaborati che, in un certo senso, parlano proprio degli effetti di questi conflitti.
Partiamo dal principio. Vi presento: Mare Nostrum.



Questo elaborato nasce nel giugno del 2013.
Il supporto utilizzato è senza ombra di dubbio materiale di recupero: si tratta infatti dell’anta di un mobile antico, recuperato tra i rifiuti.
La forma del supporto è stata fondamentale per l’ideazione del dipinto.

L’impatto visivo racconta una storia molto triste: c’è una porta che sembra affacciarsi sul fondo del mare. Dall’oscurità bluastra sopraggiunge un uomo dalle caratteristiche somatiche africane il cui abbigliamento ricorda le tuniche Masai, ma è difficile dirlo dal momento che è immerso negli abissi. Le bolle che aleggiano attorno a lui, che gli escono dal naso, costituiscono la certezza che si tratta di una persona sott’acqua, la cui vita è indubbiamente a rischio. Nonostante questo non c’è terrore nei suoi occhi ma soltanto una ferma rassegnazione. Guarda oltre la porta come se volesse incontrare lo sguardo di chi assiste. Non sorride. Poggia una mano sul vetro della porta: il palmo è sporco di sangue e sembra che esso sgorghi proprio dalle membra dell'uomo. Ad una occhiata più approfondita ci si rende conto che quell'impronta e quel sangue sono sul lato del vetro rivolto verso chi guarda.



I colori del Masai si confondono con quelli del fondo del mare, profondo, la cui oscurità sembra voler inghiottire tutto. La luce promana dall’alto, lontana, indice anch’esso che si tratti del fondo del mare. La pittura è data a velature ma, al contrario di molti altri dipinti, non c’è traccia del fondo del supporto: l’idea che si cerca di rappresentare è quella di trovarsi davvero di fronte alla porta nel Mar Mediterraneo.
La mano insanguinata è uno dei punti focali della comunicazione. Si tratta di sangue che cola, quindi la logica vuole che non possa essere stato lasciato dalla mano del Masai appoggiata al vetro. Infatti, il sangue non è dalla sua parte. Qualcuno, con le mani insanguinate ha appoggiato la mano sul vetro, in concomitanza della mano del Masai e se n’è andato, lasciando l’africano infondo al mare. La mano sporca di sangue è quella dell’uomo occidentale; è la nostra mano ad essere sporca di sangue e di chi sia quest’ultimo non è dato saperlo. Di certo, alla luce di ciò che accade oggi, dalle notizie degli sbarchi di migliaia di disperati alle stragi perpetrate in medio oriente e nel continente africano , il riferimento della colpevolezza occidentale sembra lampante. Non è dato saperlo, in ogni caso: ognuno di noi ci vedrà quello che crede.
La citazione alla cultura Masai è strumentale: non sono pervenuti casi di tribù che siano scappati in massa dalle loro terre ma mi serviva qualcosa che definisse il mondo africano al di là dell’immaginario offerto (imposto) dai Media. Avrei voluto creare un vero guerriero Masai, ma non avrebbe dato la stessa impressione, così ho deciso di accennare soltanto un abito tradizionale, privo di monili.

“Mare Nostrum” è la nomenclatura latina che ha definito il Mar Mediterraneo in epoca Romana, durante il Risorgimento italiano e ripreso poi dal fascismo di Mussolini.
Per anni abbiamo assistito agli sbarchi clandestini sulle coste europee, in particolare sulle coste greche, maltesi e italiane. All’epoca del dipinto migliaia di disperati avevano già tentato la traversata dalle coste nord africane verso zone considerate più sicure e Lampedusa cominciava a guadagnarsi, suo malgrado, l’attenzione del mondo.
Ho dipinto questa porta del mare nel giugno del 2013 per un concorso a cui non ho mai partecipato. Il titolo e il tema di questo concorso era “Mare Nostrum” ed ho quindi deciso di utilizzarlo come titolo del dipinto in questione. La tragedia nei mari si stava già compiendo.
Ad ottobre dello stesso anno, la realtà, terribile, ha deciso comunque di superare la mia fantasia: 500 persone inghiottite dalle acque, 366 i cadaveri recuperati nel canale di Sicilia, la strage più pesante dal dopoguerra e dopo tre anni non cessa di mietere vittime.
(cfr. "Redemption: Arte. Interpretazione. Etica". Cap 3 "Critica e analisi della Società")

Ebbene, "Soldati", come già anticipato nella presentazione, parla di noi che, nonostante il periodo di pace in cui viviamo (o forse proprio a causa di questo), proviamo continui conflitti interiori ed esteriori, "guerre" contro il sistema e la Società, contro il giudizio spesso aspro degli altri. Inserire elaborati come "Mare Nostrum" ha l'esatto scopo di ridimensionamento come a dire "non dimentichiamoci di chi ogni giorno subisce la disgrazia del nostro Tempo".

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